Stefano Cattinelli è uno di quei professionisti che hanno saputo spingersi oltre le cure tradizionali rivolte agli animali, esplorando un universo fatto di empatia, ascolto e connessioni profonde. Quando la medicina incontra la sensibilità, nascono percorsi capaci di cambiare profondamente la relazione tra l’essere umano e il suo animale. Medico veterinario di formazione, con specializzazioni in Omeopatia, Kinesiologia Sistemica e Floriterapia di Bach, ha scelto di intrecciare le competenze scientifiche con un’intuizione spirituale e relazionale straordinaria.

Medicina veterinaria e grande sensibilità sono le basi di partenza per Stefano Cattinelli nel comprendere il binomio uomo-animale
Nel mondo della veterinaria moderna c’è chi ha scelto di andare oltre la clinica, abbracciando una visione molto più ampia e profonda della relazione uomo-animale. Il dottor Stefano Cattinelli, medico veterinario con un approccio olistico e umanistico, è uno dei pionieri in Italia nel campo delle terapie non convenzionali, applicate agli animali di affezione. Cattinelli lavora da anni su un concetto rivoluzionario: l’animale non è solo un compagno, ma un vero e proprio specchio emotivo del suo umano. Al nostro incontro ci racconta il suo percorso, le sue passioni e il significato profondo di un legame che va ben oltre la convivenza quotidiana.
Diplomato in Omeopatia veterinaria, esperto in Kinesiologia Sistemica e tra le altre cose anche grande conoscitore dei Fiori di Bach, Stefano Cattinelli ha creato due percorsi innovativi: Armonie Animali e Dinamica Emozionale Uomo-Animale-Uomo, con il preciso obiettivo di andare ad esplorare e armonizzare il legame emotivo tra le persone e i loro animali. Attualmente si occupa anche di Costellazioni Familiari Sistemiche per gli animali e di accompagnamento empatico nella delicata fase della fine della vita.
Cattinelli che troviamo anche in veste di scrittore, formatore e ricercatore delle dimensioni più intime e spirituali della cura, in questa intervista ci guida nel suo universo fatto di ascolto, risonanza emotiva e profonda connessione affettiva con il mondo animale, estremamente emozionante e coinvolgente, forse più di quanto si possa immaginare.
Nel suo libro affronta il tema del lutto per la perdita del proprio cane. Quanto è profondo e significativo il legame tra un padrone e il suo animale, e perché la sua perdita può essere così devastante?
“Conviene partire da un punto che secondo me è un punto di riflessione molto significativo e cioè il senso del PERCHE’: perché a un certo punto una persona decide di accogliere un animale nella sua vita?
Questo è un punto biografico, cioè c’è un momento della biografia di ogni persona nella quale si sente il bisogno di far entrare un animale il quale è un essere che porta un movimento, una trasformazione che arricchisce enormemente la vita.
In questo senso crea un movimento che secondo me può essere definito anche come il movimento di guarigione. Infatti tante volte il momento storico nel quale l’animale entra coincide con una situazione emozionale molto particolare. A monte ci sono ulteriori lutti, ci sono separazioni ci sono anche, ad esempio, esperienze di mancata genitorialità; dall’altra parte ci si può riferire all’inizio di in una fase adolescenziale ad esempio può essere proprio il cane che accompagna l’adolescente nell’esplorazione del mondo esterno. Quindi l’ingresso dell’animale ha un significato molto preciso per ogni persona e non è un significato conscio e volte è una necessità di tamponare o di colmare un vuoto emozionale, una carenza, un bisogno umano di vivere una dimensione di relazione che non sia giudicante.
L’esperienza che portano gli animali nella relazione, fondamentalmente, è un non giudizio.
La persona vive, va avanti con la sua biografia, vive con il suo animale, arricchisce la sua vita grazie all’animale; poi questo ‘animale muore e quindi questa esperienza viene a finire ma era un’esperienza che in qualche modo era servita per guarire la persona da quel dolore perché questo era stato il motivo che aveva portato quella persona a far entrare l’animale nella propria vita.
Potremmo quindi dire che ci sono due livelli, due situazioni: da una parte c’è la morte dell’animale e dall’altra che la sua morte rimanda la persona al dolore originario, che questo derivi da una separazione, un divorzio o qualunque ferita emotiva fra esseri umani.
Quindi il dolore che si prova per la morte dell’animale rimanda e risuona interiormente nella persona anche con la ferita che in qualche modo aveva chiesto all’animale di sanare.
Un secondo punto, come abbiamo detto, risiede nel fatto che la relazione con gli animali sono relazioni molto pulite, molto cristalline a partire da questa caratteristica del “non giudizio” che gli animali hanno nei nostri confronti dove noi ci sentiamo sempre accettati, sempre a posto per come siamo.
Tra gli umani invece si tende a giudicare moralmente sempre un po’ tutti, se vanno bene o non vanno bene, o se dovrebbero essere diversi da quelli che sono. Ecco per l’animale, invece, per lui va bene così come siamo; questo accade perché l’animale si lega alla nostra parte più profonda, alla nostra dimensione più spirituale. In questo senso c’è questo collegamento fra le nostre due anime.
Ecco perché loro si appoggiano a noi e accompagnano la nostra anima a trasformarsi.
Ovviamente nel momento in cui finisce questa esperienza così arricchente con i nostri animali è chiaro che ci ritroviamo improvvisamente in un vuoto che ci fa ricadere in una dimensione umana che, oggettivamente, è sempre più complessa da vivere rispetto alla purezza di una relazione con un animale”.
Ci sono delle fasi comuni che una persona attraversa dopo la perdita del proprio cane? Quali sono gli errori più frequenti che si commettono nell’elaborazione di questo lutto?
“In effetti ci sono delle fasi che vengono attraversate sia individualmente ma anche collettivamente che iniziano un po’ di tempo prima, ossia quando ci si confronta in qualche modo con la fine della relazione e con le difficoltà di accettare la fine della relazione come nel caso, ad esempio di un animale che ha una malattia terminale, oppure che è anziano. Spesso, infatti, nascono delle situazioni che vanno verso l’accanimento terapeutico e che avvengono proprio per la difficoltà che la persona ha di “lasciare andare” e di rendersi conto che si sta concludendo un ciclo esistenziale importante della sua vita . E poi, successivamente, riguardo l’accettazione di questo vuoto che rimane. E’ un confronto molto complesso. Infatti, tante volte, è proprio a partire da questa difficoltà di confrontarsi con questo vuoto che nel tempo è stato riempito da una qualità unica, veramente molto bella, di un amore incondizionato non giudicante che si cade nell’errore, se vogliamo chiamarlo così, di riempire immediatamente questo vuoto con un altro animale. Ecco, potremmo dire che, più che un errore, è che la persona non si permette di vivere questa esperienza come parte integrante della relazione stessa perché la relazione non finisce quando l’animale muore proprio perché vive ancora dentro di noi attraverso il ricordo, attraverso l’esperienza ma anche attraverso i doni spirituali che ci ha donato, e quindi facendo arrivare immediatamente un altro animale non ci si permette di far sì che la relazione continui a farci crescere anche se l’animale non è presente su un piano fisico, ma invece è presente su un altro piano sul piano animico”.
Spesso la sofferenza per la perdita di un cane non è compresa da chi non ha mai avuto animali. Come si può aiutare secondo Stefano Cattinelli chi sta affrontando questo dolore a sentirsi compreso e supportato?
“Questa è una tematica molto complessa perché riguarda l’esperienza dell’individuo all’interno di un collettivo generale. La nostra società non dà valore al dolore nel senso non dà un significato di trasformazione al dolore quanto piuttosto qualcosa che deve essere eliminato nel più breve tempo possibile, o tutt’al più deve essere sminuito o vissuto come separato dai noi, potremmo dire estraneo a noi; creiamo una specie di separazione rispetto alla sofferenza delle persone e lo vediamo tutti i giorni attraverso le immagini delle televisioni. Cercano di farci diventare assuefatti alla percezione del dolore e quindi la collettività tende a sminuirlo. Il segreto secondo me sta nel mantenerlo per sé, fondamentalmente nel viverlo, nel permettersi di viverlo e nel riconoscere le persone a cui si può affidare questa nostra fragilità. Non a tutti ovviamente però all’interno delle amicizie o delle persone che magari hanno vissuto un’esperienza del genere. Nei corsi on-line che faccio periodicamente ci sono molte testimonianze riguardo a questo e vedo che tutto ciò ha molto senso. L’elaborazione di un lutto è un lavoro su di sé perché attraverso il lutto ci si trasforma Questo è un lavoro che prendo in considerazione e viene ampiamente trattato nel mio ultimo libro”.

Dopo un lutto, molte persone sentono il bisogno di adottare un altro cane, mentre altre temono di “sostituire” quello che hanno perso. C’è un momento giusto per accogliere un nuovo amico a quattro zampe che Stefano Cattinelli suggerisce?
“Secondo me ci vuole un tempo proprio di decantazione. Io penso che la relazione con un animale non finisce quando un animale muore, ma l’animale rimane all’interno della nostra anima per sempre. Io penso che faccia parte della relazione con quell’animale anche vivere il vuoto perché la relazione come abbiamo detto prima ha un suo significato e nasce per un motivo, quindi darsi la possibilità di riconoscere anche il motivo per il quale si è desiderato, è il lavoro di guarigione che l’animale ha fatto ci permette di stare nel vuoto in un’attitudine di ricerca non semplicemente di attesa. In questo senso il cane che verrà dopo quando verrà è molto individuale il momento, non deve essere appunto un qualcosa che sostituisce quello precedente ma neanche che sana la stessa ferita perché in qualche modo l’elaborazione di quando l’animale non c’è e quindi del lutto, ha senso proprio a partire dalla consapevolezza che io porto il motivo per cui ho scelto quell’animale, e il lavoro di guarigione che ha fatto”.
Come veterinario, si trova spesso a dover supportare i proprietari nei momenti difficili, come la malattia o l’eutanasia del loro cane. Qual è il suo approccio per aiutarli a prendere decisioni consapevoli e ad affrontare il dolore?
“Da molti anni pratico quella che si chiama la medicina narrativa. Significa che il medico curante in questo caso il medico veterinario, si affianca alla persona , ovvero al punto di riferimento esistenziale dell’animale( ciò ha un significato un po’ più complesso, un significato concettuale un po’ più profondo rispetto all’identificativo ” padrone” o proprietario” ). Quindi mi metto a fianco e accompagno le persone anche a prendere le decisioni consapevoli di volta in volta. Ovviamente più la persona si prepara per tempo e più possibilità ci sono che l’animale venga accompagnato ad una morte naturale. Questo succede sia nel caso della dell’esperienza di accompagnamento, sia anche nel caso della malattia. E’ un atteggiamento proprio del medico di co-progettare insieme sia la malattia che l’ultimo pezzo di ultimo tratto di strada di vita dell’animale. Ciò che fa sì che la persona entri progressivamente nel suo dolore che la cosa più importante che ci sia, e anche la più difficile”.
Esistono strategie per prepararsi, per quanto possibile, alla perdita del proprio cane? Cosa si può fare per affrontare con più serenità questo momento inevitabile?
“Una strategia è proprio l’accompagnamento empatico. Quindi fare un percorso di morte naturale aiuta a entrare e a vivere l’evento per tempo, evitando di arrivare impreparati. Ci si prepara prima che accada, quando l’animale inizia a essere anziano muore. E’ una questione di accettazione di coincidere la percezione della realtà con la realtà oggettiva. Io consiglio spesso anche i fiori di Bach, ci sono delle miscele che aiutano molto bene per il lutto, e per tutto il periodo in cui la persona è costretta a rimanere sola dopo che l’animale se n’è andato. Oltre ai fiori in caso di situazioni più impegnativi io uso le costellazioni sistemi con-amiliari o ci sono anche altri accompagnamenti più professionalizzati come ad esempio gli psicologi”.

Dopo tanti anni di esperienza come veterinario, mi dica Stefano Cattinelli cosa l’ha spinta a scrivere un libro su questo tema così delicato? Qual è il messaggio principale che vuole lasciare ai suoi lettori?
“Sono un coautore di un libro che è scritto da appunto da più autori. Il mio contributo verte sia sul discorso dell’accompagnamento empatico per arrivare preparati all’esperienza poi successiva del lutto, sia giungere preparati a quello che è l’esperienza successiva del lutto. Di fatto la morte che passa attraverso un archetipo di grande trasformazione, offre ad ognuno di noi ha la possibilità di rinascere oltre essa, tornando a nuova vita integrando i doni spirituali, che attraverso le costellazioni emergono in maniera molto chiara come dono che ci lasciano gli animali”.

La presenza dei cani nelle famiglie è sempre più diffusa e il loro ruolo è diventato centrale nella vita di molte persone. Come è cambiata, secondo lei, la relazione tra uomo e cane negli ultimi anni?
“Secondo me è cambiata veramente tanto la relazione tra uomo e cane proprio perché è cambiata la percezione che le persone hanno nei loro nei confronti degli animali, soprattutto dei cani. C’è un coinvolgimento, la persona si fa coinvolgere di più, tanto che c’è stato ad addestrare un cane che esegua i propri comandi, oppure per vive dell’esperienze condivise e crescere insieme come coppia. Tutto anche grazie al contributo anche dalla zooantropologia cognitiva. Secondo me anche la classe veterinaria e dovrebbe maggiormente adeguarsi a queste nuove percezioni che hanno le persone che vivono con gli animali e che li reputano sempre più non solo parte della famiglia, ma un vero membro della famiglia e quindi c’è ha bisogno di accudimento hospice, anche nella fase terminale della vita”.
Stefano Cattinelli apre diverse porte, spesso sconosciute ai più, che non hanno accanto un cane o un gatto. Con i suoi libri, o i suoi preziosi suggerimenti, riesce a far intravedere tutto un mondo emozionale sconosciuto, che abbiamo accanto a noi, se nelle nostre case vive un animale da compagnia. Con lui si va in profondità, scavando nelle emozioni, nelle situazioni del quotidiano e in quelle dinamiche che celano universi emozionali, inimmaginabili.
Chi non ha mai posseduto un animale, effettivamente forse si perde molto dell’amore universale che ci circonda. Ma c’è sempre tempo per superare dei banali pregiudizi che spesso frenano questa scelta di vita, così da poter entrare in connessione con le nostre vere potenzialità di dare e ricevere un amore incondizionato, che va oltre quanto si possa immaginare.
Grazie a Stefano Cattinelli, una nuova porta si è schiusa…